Come si prevedeva il tempo in Garfagnana senza notiziari meteo

Oggi al massimo rimandiamo una gita in montagna o qualche lavoretto domestico, ma una volta il meteo era cosa ben più seria

Una stagione più o meno bella, infatti, metteva a repentaglio il sostentamento della famiglia. In società contadine, come quella garfagnina, dal meteo dipendevano le colture, i raccolti e una stagione inclemente poteva compromettere veramente il benessere familiare. Per di più, per evitare rovine e danni alle coltivazioni c’era una saggia cura del territorio, ci si preoccupava di ripulire il sottobosco, di sistemare i sentieri, di incanalare le acque piovane, di ripristinare i muretti a secco caduti, insomma proprio il contrario di quello che succede oggi.

Figurarsi che oggi sarebbe tutto più facile per quei contadini garfagnini del tempo che fu, con le previsioni meteo a lunga scadenza ci sarebbe modo di organizzarsi e di gestire meglio tutta la situazione. Ma allora come facevano i nostri avi a prevedere il tempo? Ci si affidava a tecniche puramente empiriche, cioè fondate su esperienza diretta e pratica. Una tecnica fra le più comuni era affidarsi alle Calende, questa pratica variava da regione a regione. La Toscana contava le Calende in questo modo: i primi dodici giorni del mese di gennaio si dovevano appuntare su un foglio le condizioni atmosferiche, ogni giorno dei dodici rappresentava il mese dell’anno (il primo giorno gennaio, il secondo febbraio e così via).

Il meteo registrato nel rispettivo giorno, sarebbe corrisposto al tempo che avrebbe fatto in quel mese (ad esempio: se nel terzo giorno di gennaio aveva piovuto, anche marzo sarebbe stato piovoso). Naturalmente questo metodo non ha nessuna base scientifica, eppure ancora oggi è usato da chi tramanda questo folclore, sostenendo poi che nella maggior parte dei casi si ha un riscontro positivo con la realtà. Non ci si affidava però solo alle Calende, ma ad altri metodi per così dire naturali, quello della lettura dei semi di cachi era uno dei più originali e adesso completamente in disuso.

Questo sistema consentiva però di conoscere il meteo per una sola stagione: l’inverno, era infatti la stagione più pericolosa per gli equilibri della natura e un inverno più o meno mite avrebbe fatto da viatico per raccolti più o meno buoni. In ogni caso questa operazione con i semi di cachi era molto semplice, bisognava prendere un seme e dividerlo in due orizzontalmente e osservare la forma del suo virgulto, se era a cucchiaio sarebbe caduta molta neve mista a pioggia, a forma di forchetta la neve sarebbe stata poca e l’inverno mite, se a forma di coltello, l’inverno sarebbe stato pungente, con venti forti e gelidi.

Esisteva anche un altro arcaico metodo che consisteva nel tagliare una cipolla in 12 spicchi, ogni spicchio andava salato e poi (nella notte fra il 24 e il 25 gennaio) andavano posti su un davanzale ad asciugare. Se il sale si fosse sciolto parzialmente il tempo sarebbe stato variabile, se completamente significava pioggia o neve e se il sale fosse rimasto intatto sarebbe stato bel tempo. L’operazione andava ripetuta tre volte.

Come abbiamo visto le condizioni meteo hanno influito molto e in tutti i sensi nella vita dei garfagnini, da sempre popolo dedito alle coltivazioni e all’allevamento, legato quindi a filo doppio con gli elementi della natura. Infatti il suo peso è stato talmente rilevante che molte parole del dialetto garfagnino sono legate proprio alle condizioni del tempo. Parole talvolta dall’etimologia inspiegabile e misteriosa e per questo ancora più proprie e legate al territorio.

Giornate come questa che vedo fuori dalla finestra sono giornate “torbate”, e da stamani non fa altro che “sbruscinà” (per i non garfagnini la frase significa che: la giornata è nuvolosa e da stamani non fa altro che piovigginare). Ma quante volte dai nostri nonni abbiamo sentito la parola “balfoia”: quando la neve è trasportata dal vento, o sennò quando il vento fa i mulinelli ed è un continuo turbinio di foglie secche, ebbene, in questo caso è il “baffardel”. Ancora a proposito di vento il “sinibbio” o il “sinibro” è quel vento pungente che entra nelle ossa, tipico dei mesi di gennaio e di febbraio. Propria dei medesimi mesi è la brina, in garfagnino è detta “la pruina”. Esiste poi tutta una serie di parole legate alla neve: come abbiamo già letto “balfoia” è una di quelle, la stessa neve in dialetto è detta “la gneva” e quando questa neve diventa poltiglia si dice che è “paltroffia”.

 

La “cecajola” invece è il vento che porterà la neve, prima di trasformarsi in una vera e propria “buriana”: una tempesta di neve. La maggior parte di questi termini legati al tempo è “spostata” sulla stagione invernale e in effetti sono poche le parole legate alla bella stagione: il vocabolo “asciuttore”, indica proprio la siccità delle campagne e la “fagonza” è il caldo opprimente che toglie il respiro.

Non solo semplici parole garfagnine sono legate al meteo, ma anche dei veri e propri detti, figli di una saggezza popolare propriamente tipica della nostra valle, per ogni mese esisteva più di un proverbio. A Gennaio era tipico quello che diceva “Se Gennaio mette l’erba ,te, villan, il fien asserba”: se questo mese sarà clemente per il contadino sarebbe bene falciare subito l’erba e conservarla per i mesi successivi. “La pioggia di febbraio fa empì il granaio”, “Luna Marzolina fa vinì l’insalatina”.

“Chi ha un ciocchetto nel fienile lo asserbi per marzo e aprile”: Marzo ed Aprile in Garfagnana da un punto di vista meteoroligico possono riservare ancora delle sorprese e se è avanzato qualche ciocco di legna sicuramente tornerà utile per quel periodo.”Fra maggio e giugno nasce un fungio”. “Quando piove al solleon, la castagna edè un guscion”: quando piove troppo nell’estate, probabilmente la castagna che maturerà ad ottobre sarà povera di polpa.

 

“La pioggia di settembre pogo acquista e nulla rende”: la pioggia in questo mese niente dà alle coltivazioni, anzi, rischia di danneggiare la maturazione dell’uva.
Potrei continuare ancora per molto, con parole e proverbi garfagnini a conferma del ragguardevole significato che avevano le condizioni meteo su una cultura contadina come la nostra. La solita cultura contadina che sul tempo ci ha insegnato la regola principale: è la natura che comanda, che dispone e impone quello che vuole, noi siamo qua sotto e bene o male, niente ci possiamo fare.

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