Oggi voglio narrarvi le epiche gesta di Cupavo.
Nome ai più sconosciuto oggi e pensare che duemila anni or sono, dopo la sua morte, (succede sempre così) raggiunse livelli di notorietà e fama paragonabili solo agli idoli odierni e anche di più, dato che molti dei suoi contemporanei giurarono di averlo visto risorgere.
Si perchè è bene chiarirsi che gli idoli di allora non erano i cantanti, attori o calciatori, ma al tempo assurgeva alla gloria del popolo chi, in poche parole “stendeva” più nemici. Cupavo era il leader indiscusso della Garfagnana apuana, il più famoso capo apuano che la storia ricordi (così lo definisce Strabone, geografo di epoca romana), conosceva ogni gola e ogni anfratto di quella che sarebbe divenuta la nostra terra.
Il suo racconto si fonde fra fatti reali e leggenda. Strabone ci dice che alla morte di suo padre (pure lui capo tribù) conosciuto con il nome di Cigno, suo figlio terzogenito Cupavo prese il suo posto e per onorarne la memoria e il valore era sua consuetudine ornare il suo elmo con piume di cigno. Cupavo era un grande guerriero dotato di una grande personalità, ma non solo, era riuscito più volte a respingere gli attacchi romani e a saccheggiare perfino qualche accampamento.
La sua presenza si notava ovunque e il suo elmo risplendeva in ogni dove con le sue candide piume. Arrivò poi il giorno della grande decisione, i Liguri Apuani stanchi di essere attaccati presero “il toro per le corna”e decisero di attaccare i romani, attraversarono i monti e raggiunsero il porto di Luni. Gli Apuani prima di partire salutarono le famiglie. Cupavo si avvicinò alla sua giovane sposa con il suo cimiero di piume bianche e la salutò, gli costava molto lasciarla ora che aspettava un bambino e per non cedere alla tristezza e dare il buon esempio ai suoi soldati scese dai monti per primo.
Sul luogo di battaglia i Liguri Apuani si fecero molto onore specialmente Cupavo che si lanciava indomito contro il nemico operando strategie militari da vero condottiero (ebbe a dire in questo caso Lucio Cornelio Merula console romano “Vale più un gracile Apuano che un Gallo robusto”) ad un certo punto però rimase isolato e i romani lo trafissero con le lance, poi gli tagliarono la testa e portarono via il corpo. Grande fu il dolore dei compagni che raccolsero la testa con l’elmo di piume e fecero ritorno fra le loro montagne.
Quando l’esercito raggiunse le Apuane si racconta che si formò spontaneamente un gigantesco corteo di persone a scortare ciò che rimaneva dell’eroico capo. La povera moglie ormai giunta al momento del parto vedendo il lungo corteo capì e cadde a terra. Come era abitudine degli Apuani seppellirono Cupavo con la sua armatura e un gallo vivo, che con il suo canto alla mattina successiva alla morte risvegliasse il defunto nell’aldilà. Nella stessa notte si accesero i fuochi sui crinali dei monti circostanti per onorare il guerriero ed illuminargli la via verso il cielo.
Ma quando giunse il mattino e i fuochi si spensero si udì il canto del gallo. In quel momento i presenti videro nel cielo una nube luminosa rischiarata dalla luna, il corpo di Cupavo saliva verso l’alto e nello stesso momento si udì il grido di un bambino che nasceva. Era nato suo figlio. Anche lui divenne in seguito il nuovo condottiero dei Liguri Apuani.
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