Si chiamano Francesco Tomè e Francesco Bruschi i due giovanissimi che hanno trascorso 11 giorni sulle Apuane alla conquista delle oltre 33 vette della catena
Un viaggio lungo, faticoso, pericoloso. Un’avventura sognata a lungo, un’esperienza da fare almeno una volta nella vita se le montagne sono la vostra passione e l’occasione per scoprire un territorio e sé stessi come poche altre. La traversata delle Apuane non è cosa da poco e di recente abbiamo avuto modo di parlare con due ragazzi che si sono imbarcati in questo cammino.
Loro non sono di certo i primi che si cimentano in questa impresa, ma sicuramente gli unici, fino a oggi, che abbiano pensato a una testimonianza da lasciare a tutti noi. Quei famosi contenuti multimediali che sono al centro del nostro progetto e che anche in questo caso non potevamo lasciare in secondo piano. Questa intervista non è solo l’occasione per conoscere meglio i due protagonisti, ma anche per rivivere il loro tragitto nel cuore di queste montagne con il video che trovate qua sopra.
Francesco (Tomè) raccontaci un po’ di te e del tuo compagno di traversata, siete giovanissimi…
Sì vero, io ho 22 anni e Franci 18, ma la traversata è stata fatta quando lui ne aveva 16 e io 19, appena finito il primo lock down per la pandemia.
Da dove arriva la passione per la montagna e cosa ne pensate delle Apuane? Come le raccontereste a una persona che non le ha mai viste?
La nostra passione per la montagna nasce circa nel 2014 grazie al programma alpinismo giovanile del Club Alpino Italiano, in particolare ci siamo conosciuti sulle Dolomiti in occasione di una di queste uscite. Da lì è nata una forte amicizia, rafforzata da altre escursioni e gite, che ci ha portato a intraprendere questa traversata. Le Apuane sono montagne stupende, difficili e selvagge.
Non sono adatte a tutti, ma i veri appassionati qui possono godere di ambienti ancora molto incontaminati, dove sentire il legame con la natura. Dobbiamo dire che l’impatto dell’escavazione in questo territorio è pesante e per buona parte del cammino è difficile non fare caso alla presenza dei siti estrattivi.
Come nasce l’idea della traversata? è un’esperienza alla portata? Vi siete trovati a fare i conti con imprevisti? Che consiglio dareste a chi vuole provare a farla?
Volevamo metterci alla prova su questi terreni e fare qualcosa insieme di originale. Dopo tante chiamate durante il lock down abbiamo deciso di programmare una traversata che avrebbe toccato 40 vette in circa 10 giorni.
Ci teniamo a dire che non si tratta di una cosa per tutti, anzi. Il nostro consiglio è quello di allenarsi parecchio, capire che tipo di ambiente è questo, il tipo di roccia e le esposizioni di alcuni tratti. Forse il miglior modo è quello di salire singole vette e poi metterle insieme, solo quando si acquisisce il giusto grado di fiducia e preparazione.
La vostra cima preferita e perché?
La mia è il monte Contrario. Con lui ho una storia particolare, perché la prima volta che provai ad affrontarlo non riuscii a concludere niente. Con Francesco sapevo che avrei dovuto vedermela di nuovo con lui e stavolta sono riuscito ad attraversarlo, sconfiggendo una mia paura.
Per quanto riguarda il mio collega, credo che il suo preferito sia il Pisanino, il più alto di tutti, ma anche il Pizzo d’Uccello gli piace particolarmente.
Abbiamo notato una certa inclinazione al video-making, anche voi pensate che contenuti del genere possano aiutare per la promozione del territorio?
In questo momento sto studiando cinema e fotografia all’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano. Amo cimentarmi nelle riprese di film o documentari e credo che contenuti che promuovano a livello multimediale le Apuane possano essere un grande traino per la comunicazione dell’offerta turistica che offre questa catena.
Da un punto di vista turistico avete riscontrato criticità all’interno del parco? Dove si potrebbe intervenire per offrire un’esperienza migliore ai turisti?
Ci piacerebbe che in qualche modo si riuscisse a preservare il più possibile l’ambiente incontaminato di queste montagne. Dovrebbe essere sviluppato un modello turistico che non le snaturi, ma permetta a più persone possibili di godersele con tante attività diverse durante tutte le stagioni.
La parte più preoccupante è relativa alle cave. Siamo consapevoli del fatto che si parla di posti di lavoro e occupazione, ma è altrettanto vero che le montagne non ricresceranno e quindi a lungo andare sarà difficile trovare una sostenibilità o conciliare questa attività con l’ecosistema circostante.
Grazie per la chiacchierata e buona montagna!
Grazie a voi per le domande, salutiamo tutti i lettori e invitiamo chi vuole a seguirci sui nostri canali social per non perdersi nessuna delle nostre avventure.
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