Non è una storia prettamente garfagnina, ma merita di essere raccontata
Siamo nel comune di Stazzema in Versilia, anche se, questo luogo da Gallicano è raggiungibile in appena 40 minuti circa. Questo posto fa parte delle nostre magnifiche Alpi Apuane e siamo appunto sull’Alto Matanna, luogo incantevole per le escursioni verso il Monte Croce, il Procinto, il Monte Forato e altre mete ancora. Per chi come me è un po’ più pigro può approfittare dei suoi verdi prati per pic-nic e scampagnate in famiglia.
Ad accoglierci appena lasciata l’auto nel parcheggio, fra i maestosi larici c’è l’albergo (rifugio) Alto Matanna, un posto dove dormire e mangiare per poi avventurarsi sui magnifici monti circostanti. Questo albergo però nasconde una storia tutta vera, di altri tempi, anch’essa stupefacente e meravigliosa, una storia che sembra uscita da un libro fantascientifico di Jules Verne o perchè no, da un romanzo di avventure di Mark Twain.
Tutto ebbe inizio alla fine dell’800 quando un ambizioso fabbro di Palagnana di nome Alemanno Barsi decise di sposarsi. Questa moglie era una donnina minuta, non troppo alta e forse neanche tanto bella, ma in compenso possedeva come dote un barile di marenghi d’oro e questo era quanto bastava per le ambizioni del fabbro. Alemanno con quella dote potè dare sfogo alle sue aspirazioni. Fu così che nel 1890 inaugurò al Basso Matanna (Palagnana) un nuovo albergo (oggi dismesso).
Eravamo in quel periodo in cui si cominciava a parlare di villeggiature, di vacanze e i signorotti dell’epoca approfittavano di questo modo nuovo di concepire la vita e quindi i clienti a questo nuovo albergo non mancavano e nonostante l’altitudine (750 m) era dotato di tutti i confort più moderni (per l’epoca),si poteva telefonare direttamente a Viareggio e i quotidiani arrivavano puntuali tutti i giorni. Gli anni passavano e ad Alemanno nacque un figlio, Daniele, che una volta grandicello intraprese il mestiere di rappresentante di utensili da lavoro.
Nel suo viaggiare Daniele conobbe una bella signorina di nome Rosetta di Montecarlo di Lucca, anche lei con una dote molto consistente (tale padre, tale figlio…) e si sposò. Rosetta fu confinata subito a dirigere l’albergo del Basso Matanna, dove con grande eleganza lo arredò nel classico stile inglese come era di moda in quegli anni nella vicina Bagni di Lucca (n.d.r:Bagni di Lucca intorno al 1850 fu meta turistica ambita per le sue terme da inglesi ed americani,tanti decisero di rimanerci a vivere,tant’è che nella cittadina esiste un cimitero inglese e una chiesa anglicana). Nel frattempo il buon Alemanno costruì un altro albergo stavolta all’Alto Matanna (quello ancora oggi esistente e attivo), un posto favoloso,una posizione incantevole, attorniato dalle Alpi Apuane a 1.037 metri d’altitudine, dalla sommità dei suoi monti si può ammirare l’arcipelago toscano, insomma la famiglia Barsi lassù voleva creare una “Svizzera in Toscana”.
Il problema rimaneva l’accessibilità e in più bisognava in qualche maniera attirare i clienti più ricchi e aristocratici, quei clienti però frequentavano le spiagge di Viareggio, e Matanna era raggiungibile a piedi o a dorso di mulo. Come risolvere allora il grave problema? Ci pensò il figlio Daniele, fu una trovata sensazionale, di sicuro impatto, si pensò di portare questi nuovi villeggianti dal mare ai monti utilizzando un pallone aerostatico frenato, una mongolfiera che scorreva su cavi di acciaio che doveva partire dalla Grotta dell’Onda (che si trova a 710 metri d’altezza sul versante meridionale del Monte Matanna, sul lato versiliese).
Questi cavi guida erano del diametro di 27 mm, la capacità di trasporto sarebbe stata di 6 persone più il comandante, il diametro del pallone era di 14 metri, l’altezza dell’aerostato in volo superava i 20 metri. I lavori così partirono, nell’area della Grotta dell’Onda fu costruito l’hangar di legno, il quale poggiava su una base in muratura, mentre da cento e passa operai fu elevato un cavo metallico portante di 800 metri. Il volo di collaudo fu effettuato con successo il 21 agosto 1910. Tutto quindi era previsto in ogni dettaglio, gli ospiti sarebbero stati prelevati dalla stazione di Viareggio, di lì condotti in automobile fino a Candalla (località di montagna versiliese), poi con la portantina o a dorso di mulo condotti fino alla Grotta dell’Onda dove si sarebbero imbarcati sul pallone. Dopo un’oretta circa, una volta giunti alla stazione di arrivo un’altra portantina in 5 minuti portava i turisti in albergo “Alto Matanna”, ricco anche questo di ogni comodità. Finalmente arrivò così anche il giorno dell’inaugurazione, il 28 agosto 1910 alla presenza di tutte le autorità e della stampa.
Agli ordini del comandante Frassinetti si ebbe il primo viaggio ufficiale del “pallone frenato” ribattezzato “Rosetta” (come la moglie del suo ideatore Daniele Barsi), fu un vero tripudio, la cosa funzionava e fu accolta da grande entusiasmo, tutti volevano salire sulla mongolfiera, tutti volevano sostare all’albergo” Alto Matanna”. Ospiti a dir poco illustri volarono con questo pallone, le teste coronate di tutta Europa ambivano a questo viaggio, infatti il Re del Belgio Alberto I con famiglia al seguito vi viaggiò, per non parlare poi dell’Infanta di Spagna Maria Teresa di Borbone sorella del re Alfonso XIII e poi scienziati, professori, nobili, poeti. Come si sa però in tutte le belle storie esiste sempre un MA.
Su questa storia aleggiava un brutto presentimento, sì, perché è bene dire che nella zona di costruzione dell’hangar e della posa dei cavi era presente una “mestaina”, una Madonnina molto antica che gli operai distrussero per realizzare il progetto. La gente di Casoli (frazione di Camaiore a ridosso delle Alpi Apuane) avvertì gli ingegneri e i proprietari che era stato profanato un luogo sacro e che in qualche modo prima o poi il buon Dio se ne sarebbe ricordato. Arrivò così l’inverno del 1911 quando una notte di febbraio una spaventosa tempesta si abbatté violentemente sulla zona. Dagli abitanti di Casoli fu udito un grande schianto dalle parti della Grotta dell’Onda dove c’era l’hangar che custodiva la mongolfiera nella stagione invernale.
Il mattino seguente gli abitanti del paesello si resero conto del terribile schianto avvenuto e salirono fin lassù. Quello che videro fu apocalittico, l’hangar era completamente distrutto, come stritolato e la stessa misera fine toccò al pallone anch’esso ridotto a brandelli. Volenti o nolenti, credenti o meno la profezia degli abitanti di Casoli si avverò, le forze divine si erano vendicate della profanazione del luogo sacro sentenziando così la fine dell’epica impresa dei Barsi. Sono passati esattamente 110 anni da quei giorni e ancora oggi è visibile per chi percorre quei sentieri la struttura di cemento e le pietre su cui poggiava l’hangar.