Se i giovani sono il futuro allora il futuro del territorio dipende dai giovani, ma senza consapevolezza e mezzi come possono fare la loro parte?
Investire sul territorio. Cosa vi viene in mente quando pensate a questo concetto? Opere a livello pratico come la manutenzione delle aree e delle strutture presenti su di esso? Potenziamento dei servizi? Creazione di un’offerta turistica per viverlo? Tutte opzioni più che legittime, ma che limitano la portata del concetto al piano pratico.
Una linea di azione che in un certo senso potrebbe anche essere considerata miope, visto che guarda al futuro, ma non prende in considerazione quelli che oggi saranno i protagonisti del domani. I giovani, per natura, sono gli eredi di ciò che viene lasciato loro da chi c’era prima, ma in assenza di educazione non è scontato che questi possano riconoscere e riconoscersi nell’eredità stessa. Nel nostro caso in particolare non è detto che un erede sia automaticamente un custode.
Questione di approccio
Pensiamo a tutte le tradizioni che hanno attraversato secoli e secoli per arrivare fino a noi. Qual è stato il carburante che le ha portate fino a qui? Semplice, il sentimento di appartenenza e identità delle generazioni ai vari temi lasciati in eredità di volta in volta. E come è stato possibile che gli individui delle varie epoche si riconoscessero in queste tradizioni? Educazione, semplice educazione.
Impensabile che un ragazzo possa rendersi conto automaticamente di ciò che c’è intorno a lui. O meglio, può farlo, nel senso che può constatare in che tipo di realtà viva (cittàdina, rurale, ecc), ma difficilmente sarà in grado di carpirne l’essenza e le prerogative, le opportunità e le possibilità di sviluppo da solo. Ecco perché è necessario tramandare il contesto e tutto ciò che questo contempla, per dare modo ad ognuno di acquisire consapevolezza.
Educazione al territorio
La formazione, quindi, diventa una risorsa fondamentale per raggiungere questo obiettivo e la scuola è l’ambiente ideale per farlo. Non solo perché è il luogo dedicato all’insegnamento per antonomasia, ma anche per il fatto che intercetta i giovani in un momento molto importate della propria vita se pensiamo alla scuola secondaria di primo grado (medie).
Sarebbe questo il momento giusto per avviare un programma che miri a portare consapevolezza nei ragazzi. Un laboratorio (anche se non ci dispiacerebbe diventasse una vera e propria materia) per conoscere la Garfagnana dal punto di vista ambientale e geomorfologico, culturale e storico. In modo da far capire come mai questi ragazzi siano circondati da certe cose e come mai certe tradizioni (a volte davvero anacronistiche) siano ancora vive e pulsanti.
E una volta presa consapevolezza, illustrare loro le potenzialità su tutti i fronti di una zona tanto votata al turismo esperienziale, far vedere loro come si costruisce un’offerta turistica, fargli scoprire come il mondo dei new media di oggi possa abbattere le barriere e fornire strumenti che con poco possono restituire tantissimo in termini di visibilità. Un programma che dia alle nuove generazioni la capacità di acquisire coscienza di questo patrimonio e riconoscersi all’interno di esso, di modo che possano prendersene cura quel giorno quando sarà il loro momento.
Ognuno resta libero di scegliere
Tutto ciò ovviamente non deve essere imperativo, nessuno dovrà mai essere costretto a prendere questa iniziativa, nella sua eventualità, come dottrina. Per noi dovrebbe essere solo un programma di sensibilizzazione e saremmo felicissimi se un giovane ragazzo o ragazza ci venisse a dire un giorno: “voglio fare l’astronauta!”. “Fantastico!” Risponderemmo noi. “Vai, scopri lo spazio e porta la Garfagnana su Saturno. E sii sempre cosciente del fatto che il posto che lasci sarà pronto ad accoglierti nel caso un giorno volessi tornare.”
Ecco perché c’è bisogno che il territorio, la sua identità, la sua storia, potenzialità e vocazione al settore turistico diventino un tema di studio per i giovani della Garfagnana. Importante è che i giovani sappiano cosa c’è intorno a loro, perché troppo spesso è capitato, capita e capiterà che persone competenti, dotate e capaci sviluppino un senso di insoddisfazione e disappartenenza nei confronti di questo posto, con alla lunga solo il desiderio di lasciarlo per cercare altro altrove. E capiamoci bene, niente in contrario con chi vuole navigare lontano da questi lidi per realizzare il proprio sogno, anzi! Ma a troppi ragazzi e ragazze giovani è stata negata la possibilità di contribuire allo sviluppo del territorio e del futuro della propria generazione.
Futuro incerto
Riportiamo un episodio vissuto in prima persona. Scendendo da un sentiero dopo una passeggiata in montagna incontriamo una signora che avrà avuto tra i 60 e i 70 anni (dalla parlata si capiva che era di queste parti). Non appena ci vede saluta e sorridendo ci dice che le fa tanto piacere vedere due giovani che fanno un giro all’aria aperta. Chiede se le condizioni in vetta siano buone e poi ci parla di come le sarebbe piaciuto essere lì con sua nipote.
“Nonna mi meraviglio di te che me lo chiedi!”. Questa è la risposta che la giovane ha dato alla nonna quando le ha proposto di fare due passi in quota. Quanti anni ha quella ragazza? 16. Sedici anni. E non sarebbe saggio lasciare a quelle parole il tempo che trovano, perché sono il riflesso della mancanza di affezione e consapevolezza verso ciò che questa ragazza ha intorno a sé.
Oggi più che mai è di vitale importanza sforzarsi affinché i giovani non siano abbandonati a loro stessi e a un mondo con tante distrazioni. Devono essere coltivati con l’ispirazione, dobbiamo dar loro gli strumenti per farli andare oltre al guardare e far sì che riescano a vedere. Dobbiamo fargli sapere cosa hanno intorno e perché. É necessario mostrargli le origini di ciò che li circonda perché scoprano di chi e di cosa sono veramente figli. Solo così riusciranno a riconoscersi in questo piccolo mondo e, se vorranno, contribuire al suo prosperare.